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Alcune veloci considerazione sul caso Mediaset-Youtube
Premesso che:
- attualmente il copyright esiste ed è un fatto reale
- in futuro le media comany e i creatori di contenuti dovrebbero cambaire i modelli di business e il tipo di licenza di rilascio dei propri contenuti
- spesso la presenza di contenuti Mediaset su Youtube favorisce il successo dei programmi di Mediaset stessa (ad es i comici di zelig e colorado cafè)
- per diffondere contenuti coperti da copyright, che piaccia o no, bisogna pagare o comunque ottene un’autorizzazione.
- l’attuale legge italiana riguardo la pubblicazione di contenuti da parte degli utenti è ambigua.
- Google attraverso Youtube distribuisce (e monetizza) contenuti su cui non possiedei diritti.
Penso che Mediaset abbia ragione nel chiedere il rispetto dei diritti su i suoi contenuti, ma che avrebbe dovuto svegliarsi prima.
Mi sono sempre chiesto, come mai in TV (non solo su Mediaset) spingessero tanto Youtube con servizi su servizi nei TG e magazine. Mi ero risposto che fosse soltanto dovuto ad un pizzico di ingenuità dei giornalisti, poi quando visto i primi banner in sovraimpressione nei programmi TV, ho pensato che li avessero inseriti proprio per monetizzare le view su youtube. Mentre ora mi viene il sospetto che ci fosse l’intenzione di far crescere abbastanza Youtube per poter poi presentare un conto più salato.
Questa potrebbe essersi rivelata un’arma a doppio taglio, infatti la prima risposta di Google è stata: “se ce lo dicevate prima li avremmo tolti subito!”.
Questa è una questione delicata, e si potrebbe risolvere se Mediaset avesse creato una piattaforma di video sharing dei suoi programmi. Se posso andare su “Mediasetube” prendere pezzetti di video in archivio ed embeddarli sul mio blog, non vedo perchè dovrei sbattermi a caricarli su youtube. In questo modo oltre a offrire un servizio, Mediaset avrebbe un controllo maggiore dei propri contenuti, un feedback misurabile di ciò che piace di più e magari monetizzarlo in qualche modo….ma questa è già un’altra storia…
Se mi permettete un ultimo esempio:
è successo come se una casa discografica avesse realizzato una serie di film su bittorrent, emule, etc e poi dopo averne favorito la diffusione “scoprisse” che tramite questi sistemi la gente condivide i film da loro prodotti e nessuno paga. E a quel punto intentasse causa contro eMule & Company.
P.S. la notizia è vecchia e l’avete già letta tutti, ma metto il link al corriere giusto per finire su blogbabel